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m027_review


“la buridda è una sorta di zuppa di pesce dagli ingredienti molto vari e dalla lunga e complessa preparazione. non fraintendetemi: non sto cercando di imitare biecamente le fantasiose recensioni miste a ricette della rubrica di giovanni linke sul mucchio: qui i dischi di cui parliamo prendono davvero il nome da tale prelibato piatto ligure. certo, ad essere più precisi, il nome buridda è poi quello del locale nel quale i gruppi in questione hanno suonato. trattasi del l.s.o.a., ossia di un laboratorio occupato auto gestito, definito nelle note «una realtà che, negli ultimi quattro anni, ha offerto spazi importanti a chi cercava nuove possibilità di fare arte». nobile e difficile proposito, in una città italiana come genova nella quale i locali ‘buoni’ chiudono (o vengono fatti chiudere) uno dopo l’altro. ode dunque a chi questo posto lo tiene in vita e a chi contribuisce a diffonderne il verbo, in questo caso i due volumi titolati appunto “buridda”, che raccolgono tracce (per lo più già edite) di gruppi aventi come solo punto comune l’aver suonato lì ed essere genovesi. vi troviamo quindi nomi noti come i vanessa van basten, con il loro post-metal raffinato, gli straordinari calamito dalle cangianti sfumature jazz, gli sperimentali st.ride con il loro raffinato amalgama di suoni elettro-acustici, il glitch pop delicato dei japanese gum. accanto a questi troviamo nel vol.1 altri artisti più o meno noti dentro e fuori dal giro, tra cui un ottimo fabio zuffanti (un piccolo capolavoro la sua buridda!, title track esclamativa), dei promettenti post-rockers dresda, l’hardcore evoluto dei cut of mica, il gran pop con coretti gospel dei kramers, l’hip hop scomposto di grmx dei cartavetro e quello da possibile teen-ager-hit degli hiroshima («come dante la nosta arte è di descrivere l’inferno» – no comment ma può scalare le classifiche). nella seconda delle compilation invece spicca il country rock & roll dei motorcycleriene, l’ottimo jazz nervoso degli unsolved problems of noise ed i coretti su chitarre acustiche da folk apocalittico della bizzarra neve su di lei. qui e là anche del banale indie-rock che lascia il tempo che trova, ma in ogni zuppa ci sono ingredienti che rispondono a gusti diversi, e c’è chi scarta questo e chi scarta quello. nel dubbio, vi consiglio di dare un bell’assaggio a questi due validi dischi (pare ne siano già in preparazione anche i vol.3 e 4), che si chiudono con l’industrial prima maniera condito di umorismo di hipurforderai, che in uno dei suoi bislacchi campioni vocali ci spiega anche, finalmente, come si prepara ‘sta buridda. in dialetto genovese però.” matteo uggeri – sands zine