già rappresentato in un mogli&buoi di tempo fà, il gelido duo veronese approda alla firma con marsiglia records riproducendo coi dettami che lo avevano fatto scoprire la bontà dell’analoga esperienza japanese gum: innesto di voce impersonale su tappeto softronico, lungaggini lente, persistenti sentori dei port _royal primi e ultimi (rest). laptop e glockenspiel trovano un accordo soddisfacente coi sintetizzatori tessendo un comodo maglione per i rigori invernali. ormai si è capito che il glitch e quanto ne è derivato costituiranno la memoria storica più fondata degli anni 2000 (6/7) enrico veronese – blow-up
giornata fredda e, per il sottoscritto, cianotica. fugo luoghi comuni da para-northern-hyper, apprezzo anch’io temperature miti e luce solare. ma vuole il caso, vuole la ritualità che si genera da automatismi autistici, metto su il promo digitale degli arbdesastr. e tutto torna: c’è un sottile disegno inconscio dentro tutti. c’è un sottile filo rosso che ti porta ad ascoltare un disco piuttosto che un altro in momenti ben definiti. i glitch freddi, i synth pad romanticoni, le voci litaniche che suggeriscono lacrime. gli arbdesastr realizzando questo mini cd per marsiglia, hanno eretto un ulteriore muro portante nella realtà nostrana in ambito elettronico/post-rock confermando ciò che di buono già si dice a riguardo degli italiani che si ispirano guardano sempre più verso nord. poco più di venti minuti, impastati tra atmosfere apatiche e alienate tinteggiate di colori desaturati; si potrebbero citare vari richiami, certuni più evidenti, altri meno, ma credo che non sarebbe nè giusto nè utile, in quanto il duo campagnola/antonioli ha confezionato un lavoro autonomo e brillante. not for glitch romantics only. alè. davide cedolin – rocklab
intanto. appoggi la testa contro il finestrino e abbandoni lo sguardo tra le ombre degli alberi spogli i cascinali le strade coperte di fango i canali gonfi d’acqua i filari scuri i campi immobili. la nebbia chiude lo spazio attorno alle poche cose che riesci ancora a vedere. ti sembra di sentirla addosso. sulla faccia, in bocca, dentro la gola, negli occhi. fredda e pungente. ti sembra di respirare acqua gelida. ti sembra di non sentire niente. niente oltre al silenzio ovattato della pianura che ti scorre accanto. alcune voci lontane. morbidi tappeti sonori costruiti intorno a leggere pulsazioni glitch. un arpeggio di chitarra. le note tenere di un glockenspiel o i toni fragili e delicati di quello che potrebbe essere un carillon. s/t -uscito alla fine di dicembre su marsiglia records- è il secondo ep degli arbdesastr (gianpaolo antonioli, synths + electronics e paolo campagnola, vocals + synths + electronics + guitar + drums). cinque composizioni dai colori tenui. elettronica minima, quasi sussurata. c3, sky and space you, rest, rubber man, mirrors . un lavoro interessante e sincero. un disco breve. il riflesso di una luce lontana che -da qui, tra i palazzi grigi di una città qualsiasi- non avresti potuto vedere. tomm – vitaminic 18/01/08
segnali di gelo assoluto (c3), atmosfere placide, punteggiate da glockenspiel (sky and space you) aprono il nuovo mini album degli arbdesastr, nome difficile da scrivere in modo corretto, almeno le prime volte. di loro abbiamo già parlato su sodapop (valgono ancora i riferimenti precedenti, così da non ripetersi), ora la novità più lampante sta nel fatto che il duo veronese, coadiuvato da eleonora arici nell’integrazione tra visual e musica, realizza il nuovo lavoro con marsiglia records, quindi, immediatamente, nella testa scatta l’accostamento a due nomi come japanese gum e ai (non più labemates) port royal. insomma, si avverte un costante e immutato interesse della rinata etichetta genovese a certa elettronica minimalista e shoegaze con un occhio verso la musica classica, senza disdegnare altre e differenti direzioni. ok, sembra strano che dei miei conterranei possano concepire una musica così (è anche un po’ provinciale a pensarlo), anche se oggi, mentre scrivo, è una delle serate più fredde dell’anno. rispetto all’altro mini album autoprodotto, con questo nuovo lavoro si è voluto virare verso una maggiore rarefazione dei suoni e della voce, creando un gioco di sussurri in loop che solo a volte viene spezzato da qualche beat (mirrors). qualcosa mi ha fatto venire in mente anche gli ultimissimi e intimi radiohead di in rainbows (rest, rubberman), quindi l’ascoltatore è avvisato. scommessa vinta, anche se un pelo più ostica dell’esordio e che, se non cambia le coordinate iniziali, giustamente necessita di un ascolto molto più attento. marcello ferri – sodapop 5/01/08
è uscito a fine dicembre il nuovo ep digitale di arbdesastr, coppia di musicisti veronesi che con questa pubblicazione abbandona le suggestioni post-rock degli esordi a favore di un panorama sonoro più elettronico e dalle tinte gelide. i cinque brani dell’ep omonimo sono caratterizzati infatti da un suono scarno, sintetico e freddo che rimanda direttamente all’algido immaginario degli autechre, anche se in brani come “rest” e “mirrors” il gelo degli arbdesastr viene mitigato da parti cantate che ricordano da vicino le languide ed epiche atmosfere dei sigur rós. nel complesso un ep più che buono che si può liberamente scaricare da questa parte, sulle pagine della ottima net label genovese marsiglia records. soundveritè – indie-eye 3/01/08
“su basi gentili di glitch e tasti di piano-organo prolungato, il duo arbdesastr si piazza tra l’elettronica icelandic, dilatata e lenta fino a diventare un mantra o una nenia, e il dream pop, per l’aria di magia e di epifania, aperture distese e plateali di sovraimpressioni di voci. in particolare, il piano funziona in tipico stile lali puna, cinematografica elettronica minimale e tragedìaca. l’incedere nelle melodie è alla thom yorke, con moti intimistici e amnesia, e nella traccia successiva è talmente vicino ai sigur ros da poterli confondere, cori maschili che chiedono perdono e conforto. elementi di confronto con artisti importanti ce ne sarebbero tanti per arbdesastr, ma resta comunque un’analisi forzata, perché le tracce, pur mostrando le inequivocabili dipendenze dall’elettronica-alt rock da oxford in su, sono innanzitutto pezzi a sé, pezzi buonissimi da ascoltare e per immergersi in mezzo agli ultrasuoni delle balene. solo dopo esserti fatto questo viaggio in tuta da sub realizzi che hai fluttuato fino al confine tra le isole shetland e l’islanda. pur rimanendo fermi in qualche angolo veronese (dove i due abitano). “mirrors”, “the rubber man”, “rest”, “sky and space you”: sono così lunghi che è difficile da credere, ma una volta dentro, la corrente artica ti trascina con sé e per chi è amante del genere sarà sicuramente una bella sorpresa, intercettata dalla genovese marsiglia records e scaricabile gratuitamente dal sito dell’etichetta. (05-09-2008)” claudia selmi – rockit.it