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da blow-up (giugno 2001)
iniziamo con i cary quant, quartetto strumentale tra le cui fila milita proprio il mentore di questa autoproduzione di cd masterizzati – dall’interessante grafica “fai da te” – matteo casari. sono dediti ad un indie fortemente contagiato dal post-rock, risultando spigolosi e sghembi, talvolta rumorosi, come si può evincere ascoltando la trainante i know i should remain in silence but…. un bel basso corposo – molto new wave – introduce l’accattivante motivo di chitarra riverberata, quindi gli stacchi distorti del finale. le urticanti chitarre si intrecciano nel piccolo mosaico sonoro intitolato the twenty-something know-nothing we really are, una cavalcata finemente epica che frulla insieme sebadoh e truman’s water. le scordature degli strumenti e gli armonici liberi echeggiano tra cigolii elettrici e stridori elettronici nel reiterarsi dell’arpeggio squillante di the shopping mall contraddiction theory. gli spunti di feedback fanno il resto. una maggior consapevolezza dei propri mezzi e la dilatazione di alcuni passaggi alzerebbero il giudizio, che per ora staziona sul (7). riccardo bandiera

da rockerilla (novembre 2001)
dal primo lotto di uscite peschiamo subito l’ep dei cary quant, band nella quale milita matteo casari, mente dell’intero progetto nonché new entry dei già affermati lo-fi sucks! di cui parliamo più sotto. le quattro tracce di “featuring my sister” si muovono all’interno di paesaggi chitarristici geometrici e spigolosi non distanti dalle tessiture convulse dei dianogah o dalle asprezze dei truman’s water, mettendo in evidenza una personalità che potrebbe solo crescere con il passare del tempo. (7) maurizio marino

da aktivirus
è’ proprio grazie a questa struttura che vede la luce l’esordio dei cary quant, quartetto in cui milita anche il padrone di casa dedito a sonorità a cavallo fra il (post-?) rock mogwaiano e la lo-fi statunitense dalle parti di sebadoh ed eric’s trip. i quattro episodi di “featuring my sister” sono altrettanti gioiellini in bassa fedeltà che brillano di tinte sgranate e vivaci. dall’iniziale “the twenty-something know-nothing we really are” alla torrenziale conclusione screziata di kraut di “the shopping mall contraddiction theory” i nostri si danno da fare fra chitarrine di plastica e ampli di seconda mano per dar vita a teneri ricami a cuore aperto. un lavoro onestissimo e semplice, che non cambierà (probabilmente) le vostre vite, ma che merita in ogni caso di essere preso in considerazione (7+) lorenzo brutti

da uozap
il più convincente dei lavori, quello sulla breve distanza dei cq, si sintonizza su frequenze “post-rock”. si tratta quindi di quattro pezzi strumentali, ma (e il ma in questo caso è obbligatorio) non ci si aspetti un uso sconsiderato di feedback e grandi distorsioni; se proprio di un effetto di chitarra si può parlare, azzarderei un bel chorus, perché io nei quattro brani (legati tra loro da una divertente lezione di ballo) ho sentito qualcosa dei cure (quelli più strumentali di wish, per intenderci) più che dei don caballero, e questo è un complimento: quattro bei pezzi, con una strumentazione che comprende anche un organo farfisa, non privi di spigolature, ma ben costruiti e messi insieme con un certo buon gusto. aspettiamo il lavoro sulla lunga distanza, a fine primavera, che si annuncia molto più sperimentale. max zambetta

da rocksound (ottobre 2000)
rimaniamo in tema di lo-fi parlando una seconda volta dei cary quant. il nuovo lavoro ricalca e amplia il discorso aperto con il precedente. “featuring my sister” prende le sue mosse dalla musica detta destrutturata o post-rock, soprattutto dell’area inglese ed europea. le note, eseguite con una emotività ludica e giovane, creano atmosfere sognanti, malinconiche e suggestive. i brani mantengono comunque una struttura di canzone evidenziandone il solo limite: l’assenza di una voce. mancanza che comunque non gli pregiudica la nomina di miglior demo del mese. panna