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Less Is More
Uber



01. That’s Great
02. Ricciarelli
03. Cangour Eats Paul
04. Frankie’s Trumpet


°M°009 – 04/2002



Reviews

rockit
un suono scarno e spesso lo-fi che guarda al rock indipendente americano, una copertina essenziale in bianco e nero (pochissimo il nero), quattro canzoni per una manciata di minuti. gli uber fanno della concisione la propria filosofia e lo fanno nel modo più onesto e convincente possibile. i gruppi ai quali si ispirano sono ancora ben evidenti nelle loro canzoni: i blonde redhead in “that’s great”, i sonic youth di “dirty” in “ricciarelli”, gli old time relijun in “cangour eats paul”, i june of 44 in “frankie’s trumpet”. si tratta di sonorità che col passare degli anni mostrano sempre più la corda, ma non se eseguite con la giusta convinzione. e il caso degli uber ne è un esempio. come lavoro di apprendistato non c’è male; si attendono ulteriori sviluppi. max

la haine
(aprile 2002) less is more, ovvero 4 brani dalla registrazione casalinga ma non troppo low-fi per questo quartetto toscano che, per quanto mi riguarda, sembra spuntare fuori dal nulla, benché raccolga l’esperienza di progetti come clerks e fred g. un demo di buon livello, questo, dalla discreta vena compositiva, che riesce a convincere senza dilungarsi un solo minuto in più (il totale si avvicina ai 14 minuti). i 4 sembrano aggirarsi soprattutto nei pressi di un suono “post”, a volte “-rock”, a volte “-punk”, amalgamando il tutto con quel pop che fa rima con indie, e che sembra ispirarsi a gruppi come lapse, a certe cose degli ultimi fugazi, e, a tratti, a trame sonore datate “giugno del ’44”. e’ ciò che testimonia in apertura “that’s great”: chitarre elettriche pulite impegnate su giri ripetitivi di accordi ritmati, sezione ritmica prima all’unisono poi fautrice di lievi variazioni, voce cantata in inglese a metà tra chris leo e il guy picciotto maggiormente preso dalla melodia. la seguente “ricciarelli” strutturalmente procede in maniera analoga, sottraendo però le parti cantate e avvalendosi di un arrangiamento di chitarre più tipicamente indie-rock, in evidenza soprattutto nella coda strumentale, tutta ritmata da continue rullate. “cangour eats paul” è il brano più scarno e asimmetrico, quasi mancante di voce e batteria, con un incastro di chitarre sbilenco. l’ultima “frankie’s trumpet” è il brano più lungo – se quelli fin qui ascoltati raggiungevano a stento i 3 minuti, questo supera i 5 – e, insieme, quello che risente maggiormente delle influenze del suono di chicago: potrebbe infatti provenire dalla sessione di “four great points” se, anche qui, la parte ritmica non fosse stata prosciugata e l’armonia disossata. detto ciò, quel che sembra prevalere nelle composizioni degli uber, tanto da farsi cifra stilistica di questo demo, è l’attenzione per arrangiamenti quasi minimali, convincenti, che, supportati in ciò dal tipo di registrazione, danno al gruppo un’aria da “post-rockers da salotto”, cosa piuttosto inedita per un gruppo di casa nostra. insomma, una produzione interessante, dalle ispirazioni riconoscibili ma comunque dotata della giusta personalità. marco

movimenta
mi sono piaciuti sin dagli inizi gli uber per via della copertina: minimale e scarna nella tradizione di ogni buon album post. finemente arrangiato, less is more dimostra quanto gli uber conoscano a memoria le lezioni impartite dai grandi del post-rock e dell’indie: june of 44, lapse, i fugazi più pop come nomi di riferimento. sebbene il gruppo sia ancora agli inizi, i 4 brani proposti non solo lasciano traccia di se già dal primo ascolto dell’opera, nonostante un minutaggio bassissimo (che a dire il vero penalizza l’intero lavoro), ma ti obbligano a riascoltare il tutto raggiungendo l’obbiettivo: difficile non rimanere ammaliati dal piglio indie di ricciarelli (catia?), dalla tensione e frenesia di that’s great (titoli alla laundrette?), dal minimalismo e dalla ripetizione destrutturante di cangour eats paul, e dalla bellissima frankie’s trumpet sicuramente il pezzo migliore del demo la cui calma apparente è quasi fatale per l’ascoltatore, capace com’è di penetrare nell’immaginario individuale.

liverock.it
(dicembre 2002) [sul concerto hirameka hi-fi + uber + u.s.maple – fitzcarraldo (genova)] […] eccoci agli uber, gruppo emergente di lucca, il cui demo ascoltato quest’estate mi aveva letteralmente stregato. colpiscono subito per la loro versatilità: a quasi ogni canzone i chitarristi ed il bassista si scambiano gli strumenti e costruiscono su una batteria eccellente dei ricami sonori ossessivi ed affascinanti.su alcune melodie si inserisce un sax che colora un po’ di noise il risultato che trovo ottimo. […] claudia genocchio

succoacido
gli uber vengono da lucca, citano indistintamente tra le loro influenze fall, joan of arc, van pelt e gastr del sol (io aggiungerei cure – il cantato e la chitarra di “that’s great” – e june of 44 – gli accordi reiterati di “frankie’s trumpet”) e questo loro primo demo viene dato alle stampe dalla marsiglia records, cdr label genovese che fa capo a matteo casari dei lo-fi sucks. “less is more” è un lavoro acerbo che fa dell’acerbità uno stile: la registrazione casalinga rende ancora più spoglie (less) le già minimali “ricciarelli” e “cangour eats paul” e ancora più pulsante (more) il basso che scava tra le chitarre di “frankie’s trumpet”. 4 tracce suonate con una spontaneità che è promettente preludio alla futura maturità. gruppo che vale la pena seguire fin da ora con attenzione. guido gambacorta

blowup
ecco, se degli acerbi feelies suonassero post-rock lo farebbero in questa maniera. secchi ed essenziali, tanto da sembrare new wave come i cure di three imaginary boys (“that’s great” è proprio là). poi si sviluppano quelle costruzioni ritmico-armoniche reiterate, come waltzerini (“ricciarelli”) e girotondi incantati e claudicanti (“cangour eats paul”) tipici dell’indie-post e, per i più pigri c’è una sintesi efficace nella conclusiva “frankie’s trumpet”. il tutto insaporito da un curioso gusto pop-acidulo tipicamente americano .

mucchio selvaggio
[…] decisamente più movimentate le cose in casa uber, ensemble lucchese il cui motto è anche il titolo del disco, “less is more”. estetica che, nelle parole del gruppo si traduce in “suonare meno note possibile, sovrapporre giri minimali, ridurre al minimo le variazioni e ridurre le parti vocali all’essenziale”. un intento che si traduce in una piacevole sequenza di composizioni dalla struttura prevalentemente circolare, nervose e taglienti tanto nelle parti strumentali quanto in quelle cantate, dirette e cariche di emo-tività, quantunque lontane dalle melodie convenzionalmente intese.

tirreno
restiamo in toscana per segnalare “less is more”, il primo mini-album dei lucchesi uber. il cd autoprodotto e distribuito dall’etichetta genovese marsiglia records, evidenzia un’urgenza espressiva che trova presupposto e sfogo in un suono essenziale, pochi accordi e una voce sofferta. quattro brani agili, accattivanti e dalle sapide tessiture pop che suggeriscono di tenere d’occhio questa nuova e promettente formazione g.s